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Il bullo: un gattino mascherato da leone



Sempre più di frequente assistiamo ad episodi di bullismo e ad altre sfumature di violenza  nella società contemporanea, talvolta con risvolti anche tragici. Oggi facciamo parte della società del ''4g ''e del ''4k'', e ci stiamo evolvendo, almeno tecnologicamente, con tale celerità, che se volessimo filmare gli ultimi anni di sviluppo, sarebbe difficile per la  sensibilità umana coglierne ogni singolo fotogramma. Eppure, nonostante ciò, ancora domina soprattutto tra gli adolescenti una problematica che pone le sue radici nell'humus degli albori dell'umanità.

È da sempre esistita in effetti la ''Legge del più forte'', non solo tra gli ordini ferini ma, cosa più grave, anche tra gli esseri umani, ossia creature che dovrebbero essere forniti di quell' humanitas a cui aspirava Cicerone, di quella virtù d'umanità e del saper vivere in comunità (svolgere pacificamente il loro ruolo di cittadini insieme ''cum'' altri). Spesso a scatenare tanta inaudita violenza è la penuria o la fallacia degli esempi da seguire nella prima formazione (domestica) ed in quella istituzionale. I ragazzi spesso trovano nel genitore la figura autoritaria da imitare ed emulare ove possibile, senza poter discernere ciò che di morale ed immorale  rientra tra le azioni abitudinarie di quest'ultimo.

E' proprio la famiglia, quella che dovrebbe tirare fuori  il meglio da ciascuno di noi, a scatenare questa metamorfosi nei ragazzi, trasformazione che li vede passare da quieti ragazzini a furiosi e violenti adolescenti. Spesso essi tendono a ripetere meccanicamente le azioni di violenza domestica, autoingannandosi ed attribuendosi un codice morale basato sullla sola virtù della forza fisica, piuttosto che della sensibilità e della cultura, dimenticando che ad avere la meglio nel mondo del'' recte vivere '' e della meritocrazia  dovrebbe essere Davide e non Golia.

Di recente, attraverso l'uso dei social, tale violenza riesce a trovare dei sotterfugi e a fuggire dalla censura scolastica e sociale, per tradursi in violenza verbale che soliamo definire cyberbullismo.

Arginare il pericolo di quest'ultima specie di violenza è ancora più arduo.

Essa riesce ad aprire ferite non rimarginabili nell'animo dei ''diversi''e dei più deboli, se è vero che la lingua ferisce più della spada, senza che ''i grandi''se ne accorgano,se non troppo tardi. E così il bullo,colui che maschera le sue ferite con le armi, colui che in sè fragile appare forte ai più,  colui che nella sua etimologia di marca settentrionale era il compagno più accetto e divertente per il suo fare egocentrico, riesce ancora una volta a farla franca, avendo come complice un sistema di comunicazione averbale.

Bisognerebbe forse tornare a dialogare?

Necessitiamo forse di scrutare ''de visu'' i problemi dei nostri figli?

Forse le autorità dovrebbero controllare di più i social prima che il debole si trasformi in bullo, prima che il buon dottor Jackyll rivesta i panni del violento Hyde?

Al lettore l'ardua sentenza!

Francesco Scarano

Noi dedichiamo questa riflessione a tutti i ragazzi coraggiosi che subiscono ma non accettano e a coloro che osservano, abbandonando l'indifferenza e la paura, e denunciano. 

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