Una foto da raccontare
— 22/02/2020
Questo scritto è un ricordo particolare dell'avvocato Franco Florimonte, lontano dalla sua professione, dalla politica attiva, dalla sua dinastia.
E' il racconto di un Uomo silenzioso, mai banale o fuori dalle righe, capace di stupirti con il suo scibile senza essere saccente, legato profondamente al suo paese d'origine ma profondo conoscitore delle dinamiche del nostro bel Paese.
Nonostante gli ultimi anni la malattia lo tenesse lontano da San Giovanni a Piro, seguiva tramite Pyros ogni vicenda legata alle sue origini.
L'angolo sinistro all'ingresso del bar di Olivia era il suo preferito.
Lo raggiungeva, nelle mattine di luglio, dopo aver comprato presso l'edicola di Lucio, il Mattino di Salerno ed il Corriere dello Sport.
Tutte le persone, che passavano lungo la strada, rispettosamente salutavano Don Franco e nessuno osava disturbare il suo rituale della lettura.
Era l'estate del 2006, Fabio Cannavaro mi regalò, per i miei trent'anni, una coppa alzata nel cielo di Berlino, ma da contraltare lo scandalo Calciopoli cambiò radicalmente lo scenario sportivo italiano.
Cercavo di capire, tramite la lettura quotidiana della Gazzetta dello Sport, quale campionato avrebbe giocato la mia Juve.
Sostavo Nanz e Tavern per la distribuzione di Pyros e le discussioni calcistiche, con il mondo antijuventino, erano accese e colorite.
Spesso, da lontano, notavo un sorriso sarcastico sul viso dell'avvocato Florimonte, che in un attimo tornava ad immergersi nel suo mondo.
Una mattina si avvicinò e mi chiese garbatamente se poteva sfogliare la Gazzetta, perchè i giornali sportivi erano tutti terminati.
Avevo finito di leggerla e gli dissi di consultarla senza fretta.
Nacque un rapporto di simpatia e stima reciproca, basato su discussioni che svariavano dallo sport alla cultura, dalla politica al gioco delle carte.
Don Franco amava trascorrere le estati nel suo paese di nascita, nonostante gli acciacchi di salute iniziavano a creargli disagi.
Ascoltavo con meraviglia i suoi aneddoti sulle vicende legate al calcio, mondo che conosceva a menadito visto i suoi trascorsi di arbitro e dirigente FIGC.
I suoi occhi brillavano quando mi intratteneva con storie di una San Giovanni a Piro ormai quasi scomparsa, di quando la madre lo portava a pregare davanti la cappella della Madonna del Carmine senza le due scalette laterali e con la strada all'altezza della porta d' ingresso.
“Sai il perchè del soprannome Priulara?”- mi chiedeva- “Perchè, in via Capolascala, la famiglia Petrillo possedeva una vigna con una grande pergola ed io da piccolo andavo a prendere dei grappoli d'uva, succosi e buonissimi”.
Un'altra sua grande passione e motivo di svago erano le carte napoletane, con il tressette e lo scopone, suoi cavalli di battaglia.
Come organizzatore del torneo estivo di tressette, gli chiesi di aiutarmi a redarre il regolamento ufficiale e lui, con entusiasmo e dedizione, mi accontentò.
Presenza costante di quelle sfide estive, ci erudiva con le regole di Chitarrella, autore napoletano del XVII secolo di due manuali sullo scopone e sul tressette.
La più famosa era : “Nel dubbio gioca sempre coppa”.
Aspettava con ansia quelle serate goliardiche e spensierate che terminavano con il taglio del prosciutto e un buon bicchiere di vino.
Sicuramente era molto a suo agio in quel contesto e la riprova è stata di aver saputo che sul proprio comodino, fino all'ultimo giorno, ha conservato insieme alla foto dei suoi cari nipoti anche l'immagine della festa del torneo del 2006.
Don Franco non ha mai dimenticato San Giovanni a Piro e noi, altrettanto, non dimenticheremo la sua cultura e il rispetto verso le sue radici.
Sandro Paladino
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