La vera storia di Babbo Natale
— 25/12/2020
Pubblichiamo con grande piacere un pezzo del professore Aniello Fariello, affezionato lettore e collaboratore di Pyros venuto purtroppo da poco a mancare. È un pezzo in cui raccontava, dedicandola soprattutto ai bambini, la vera storia di Babbo Natale, sulla falsariga di una ricerca fatta dal dott. Paolo Granzotto. Ringraziamo sua figlia Lara per aver condiviso con noi questo ricordo che custodiremo gelosamente e che doniamo a tutti i lettori di Pyros per un viaggio nel tempo da poter fare comodamente seduti e con l'augurio, seppur in questo periodo così particolare, di feste serene e soprattutto autentiche.
Babbo Natale discende in linea retta da San Nicola di Bari, vescovo di Mira nella Licia, un turco vissuto nel IV secolo che aveva un grande cuore. Perfino padre Dante ne ricorda la generosità nel “Purgatorio” (canto XX v.31-33): “Esso parlava ancor de la larghezza / che fece Niccolò a le pulcelle/ per condurre ad onor lor giovinezza”.
Le pulcelle erano tre giovani che non riuscivano a trovar marito perché prive di dote. Nicola, sentendo che un suo vicino voleva avviare alla prostituzione le tre figlie, mosso a compassione, pensò di sopperire lanciando nottetempo nella casa delle pulcelle tre scarselle di monete d’oro (chiarisco solo per i bambini: la scarsella era una borsa di cuoio o di stoffa che si portava appesa alla cintura o al collo, e serviva per riporvi denaro e altri piccoli oggetti – lo avete notato quando vedete i film medioevali?-).
La prima e la seconda scarsella giunsero a destinazione, ma quando si trattò di scagliare la terza, com’è come non è Nicola trovò la finestra chiusa. Non essendo il tipo di perdersi d’animo, il futuro santo s’arrampicò sul tetto e fece cadere le monete dentro la cappa del camino al quale, caso vuole, erano appese delle calze ad asciugare. Così che gli zecchini vi finirono dentro. La fama del santo fece il giro dell’Europa e quando certi olandesi emigrarono nelle Americhe, fondandovi poi Nuova Amsterdam che è la New York dei giorni nostri, si portarono appresso anche una immagine di San Nicola che nella loro lingua era detto SINTER KLASS. Preso a benvolere dagli altri coloni, Sinter Klass fu anglicizzato in SANTA CLAUS, il dispensatore di doni dei quali erano piene le bisacce del suo asinello bianco. Avvenne poi che nell’Ottocento un rispettato professore, certo Clement Clark Moore, pubblicò una poesia su Santa Claus alla guida non più di un ciuco, ma di ben otto renne: COMET, DANCER, DASCHER, PRANCER, VIXEN, DONDER, BLITZEN, CUPID ( nel 1939 i grandi magazzini Ward se ne inventarono una nona, RUDOLPH dal “naso rosso”, utile in caso di nebbia): era nato Babbo Natale.
Un Babbo Natale vestito col saio marrone, sbarbato, taglia atletica e senza il cappelluccio col pompon. Quello che ci è familiare, con l’abito rosso dai bordi bianchi, il barbone e la taglia forte, lo concepì nel 1939 Haddon Sundblom detto “Sunny” per conto, ecco che ci siamo, della COCA-COLA... la quale, in vista della pubblicità natalizia, voleva un Santa Claus coi colori della ditta. Quel simpatico omone, con le sue renne e la sua slitta incontrò subito il favore del pubblico, finendo per imporsi in tutto il mondo. L’opera di Sundblom era così esemplare, così efficace, che da allora non ha avuto bisogno di altri ritocchi. L’unico extra, aggiunto negli anni ottanta, riguarda il domicilio di Babbo Natale: Rovaniemi, in Lapponia, dove ha il suo ufficio “postale”, ma in realtà abita, con le sue renne, in una grotta del monte Korvatunturi.
Fine della storia!
Ai bambini consiglio di imparare a memoria i nomi delle nove renne, mentre ai più grandi una “ripassatina” di Padre Dante.
Ringrazio per l’ospitalità, con i migliori auguri di Buone Feste a tutta la Direzione, a tutti i lettori, a tutte le famiglie sangiovannesi “vicine e lontane”.
Aniello Fariello
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